Analisi di un report di un discorso politico in vista della legge sul maestro unico riportato in data odierna sui quotidiani:
“Aver introdotto un team di tre insegnanti non corrispondeva a esigenze pedagogiche e formative. Ho piuttosto l’impressione che sia servito soltanto a far aumentare il numero degli insegnanti. E la cosa mi pare piuttosto illogica visto che il numero dei bambini in classe durante gli anni è diminuito per il calo delle nascite”.”
Sono tre asserzioni:
(1) asserzione perentoria, data per vera
(2) asserzione dubitativa (è solo un’impressione) data in contrapposizione (“Piuttosto”) a quanto negato in (1)
(3) Rafforzamento di (2)
La struttura del discorso tende a giustificare la (1) che peraltro viene data come verità scontata. In qualche modo si autoconfuta, ma non agli occhi di un lettore incapace di inferenze. La verità si (1) è ovviamente dubbia: il modello italiano dei tre docenti a rotazione per molti teorici risulta migliore di altri per la formazione del bambino. Per evitare dubbi, la (2) tende a dare conferma indiretta della verità di (1) suggerendo il “motivo reale” (agli italiani piace il complotto) cioé l’astuta mossa di moltiplicare i posti per i fannulloni, Il presumibile motivo reale è comprensiobile a tutti. Guarda caso è esattamente il contrario del motivo (altrove) esplicito del governo: risparmiare, quindi tagliare posti. La (3) completa il ciclo: a questo punto si presuppone (non si asserisce esplicitamente) la verità di (2). Solo con tal presupposizione la frase (3) infatti ha senso. Se poi sia vera è un’altro discorso.
Il vero messaggio chiave è l’uso della presupposizione di (1) e quindi di (2) in (3): se sei un po’ distratto e ti metti a discutere (3), [ ad es. dici che sono aumentate le nascite di immigrati] accetti ovviamente come presupposto la verità di (1) e di (2).
Detta in breve: questo è fare politica della comunicazione.