Esempio di fallimento nella comunicazione

Ci tengo a postare questo simpatico video in quanto ritengo rappresenti un chiaro esempio di fallimento nella comunicazione tra due persone. Il video in questione è stato realizzato come messaggio pubblicitario per l’azienda di automobili ‘Mercedes-Benz’. Situazione: una ragazza bionda entra in un locale e dice alla signora che si trova dietro al banco della reception: “Salve, vorrei ordinare patatine fritte, un hamburger e un milkshake”. La signora alla reception risponde con voce seccata guardando la ragazza con aria esterrefatta: “Questa è una biblioteca”; a quel punto la ragazza bionda si guarda intorno e nota che effettivamente c’è gente concentrata nella lettura. Dopo qualche secondo ritorna con lo sguardo verso la signora dietro al banco della reception, facendo la stessa richiesta precendente, ma stavolta parlando sottovoce. Qual è l’analisi pragmatica che ne potrebbe venire fuori? La signora alla reception, alla richiesta della ragazza bionda, risponde in maniera evasiva e implicita. Dicendo infatti ‘questa è una biblioteca’, il messaggio implicito reale che la ragazza bionda avrebbe dovuto inferire, sarebbe stato quello secondo il quale nelle biblioteche non si vende cibo da fast food, pertanto, la ragazza avrebbe dovuto andare a cercare un luogo idoneo a soddisfare le sue richieste, ovvero un fast food. La ragazza, tuttavia, crede che il problema sia il tono della sua voce anzichè la stranezza della sua richiesta, compiendo pertanto un tipo di inferenza errata, rendendo fallimentare la comunicazione tra le due.

Aspirapolvere e horror

Continuando sul tema della pubblicità, ho trovato due spot di aspirapolvere che trovo molto interessanti ed efficaci. Unica pecca, per entrambi, è la lunghezza, che li rende inutilizzabili in televisione.

Il primo è ispirato al film “L’esorcista” e gioca, secondo me, sull’aspettativa del telespettatore. Inizia come un film horror e ci si aspetterebbe che continuasse come tale, ma c’è una sorpresa.

 

 

Anche il secondo potrebbe essere interpretato come un horror, questa volta in computer grafica. Viene sfruttato un punto di vista che non siamo abituati a tenere in considerazione: quello della polvere che viene “eliminata” dall’aspirapolvere.

 

 

Buona visione!

Contesto Cognitivo

John Perry distingue “narrow context” (tempo, luogo, parlante) e “wide context” (ma qui la definizione è meno chiara). A me pare rilevante intendere per “wide context” qualcosa come “contesto cognitivo”, cioè quell’insieme di presupposizione condivise, assunzioni, scopi, gesti, e altro che caratterizzano una situazione. Gli esempi abbondano, ma tra gli ultimi una risposta della Protezione Civile a una aggressione della Cgil:

La CGL-funzione pubblica  diffonde alcune frasi dette da Guido Bertolaso in una riunione di amici della Protezine civile per l’addio a un collaboratore (la pf-CGL aveva ricevuto un CD anonimo): “L’eruzione del Vesuvio? Mi è mancata solo quella, ma non sarebbe una grande disgrazia (..) L’unico rammarico che avrò, che avremo – si ascolta nel nastro diffuso dalla Cgil – sarà che purtroppo fra Vesuvio e Campi Flegrei non è successo niente. É l’unica che ci manca (…) Inutile che vi grattiate, da buon leghista vi dico che non sarebbe quella grande disgrazia”. [maggiori dettagli qui oqui; purtroppo già il 31 Ottobre l’articolo pubblicato su “Il Mattino” on line(Editore Caltagirone) non era più disponibile]

In risposta una nota della protezione civile* asserisce:

“Il sindacato … ha decontestualizzato e artatamente ricostruito ciò che ha detto il capo Dipartimento”

Dato che la ricostruzione indicava chiaramente  il tempo (30 Ottobre 2010), il luogo (Roma, all’auditorium di Via Vitorchiano) e il parlante (Guido Bertolaso), in questo caso abbiamo un chiaro esempio della nozione di “contesto cognitivo”.

ALTRI CASI DI DECONTESTUALIZZAZIONE: il famoso caso del  “mascalzone bavoso” di Paolo Guzzanti o il caso della “contestualizzazione della bestemmia” di Mons. Fisichella, e i vari casi del  “culattone decontestualizzato” (termine usato  in contesti “locali” da Tremaglia, Buttiglione, Sgarbi)  su cui una certa chiarezza fa l’On. Fini parlando di strumentalizzazione di parole “fuori dal contesto”.

Insomma il tema del contesto e della contestualizzazione-decontestualizzazione è molto sentito, anche tra i politici. Un problema grosso che si pone a chi analizza questi problemi è  individuare la  portata e il ruolo del contesto cognitivo, prima ancora della portata e del ruolo delle parole de-contestualizzate. Forse non sono le parole decontestualizzate il vero problema, ma il contesto stesso.

P.S. Usava dire Oscar Wilde di certe parole: “non fa parte del mio vocabolario”
E’ questo il problema delle estensioni non conservative proposto da Dummett nel suo libro Frege, Philosophy of Language (1973, 1981) usando l’esempio di un termine peggiorativo (“boche”)